lunedì

Creazione di mitologia cagnolatica

Eravamo circa in Fleet Street, quando il Violento cominciò ad urlare. Disse qualcosa tipo: “Questo cazzo di canale non ha i depuratori.” Poi raccolse alcuni sampietrini dalla strada dissestata e prese a lanciarli contro la superficie verdognola dell’acqua. Il canale cercava di ripararsi con piccole onde irregolari, ma la sua pelle era bucata da una raffica di sassi. “Pezzo di merda” Gli urlava contro. “Maledetto stronzo inquinato!”
Quando notai un grosso pezzo di marciapiede crepato, facilmente sollevabile, m’illusi per un attimo che lui non lo avesse visto. “Dai, Tommi, entriamo in questo bar.” Dissi timidamente. Ma il dolore del pugno che ricevetti sul femore mi fece schizzare a terra. In un attimo mi era sopra e mi stava prendendo a calci: “Questi sono per il frontino che mi hai fatto due anni fa! E questi per le battute sulla Greta che è andata in vacanza con Capelli!” Sentivo che stava cercando di non uccidermi; si tratteneva, non usava tutta la forza, voleva solo farmi un po’ male.
Quando smisi di dimenarmi e reclinai la testa a terra in segno di resa, lui riprese a dedicarsi al canale. Vide, com’era ovvio, il pezzo di marciapiede. Lo raccolse. Lo sollevò a due mani sopra la testa e si avvicinò al ponticello, borbottando: “Ti insegno io a rispettare l’ambiente.” Barcollò sulle assi di legno e si fermò in posizione plastica di fronte al canale. Era la scena finale del duello. Urlò: “L’ambienteeeeeeeee!” e scagliò il pezzo di marciapiede giusto nel ventre del flutto, uccidendolo.
Le ragazze che erano con noi non si erano accorte di niente. Gli altri le stavano intrattenendo, dall’altra parte del canale, in Mohamed Street, con non so quali discorsi. Quando il Violento uscì dal bar con le braccia stipate di bicchieri di birra, e glieli porse, una di loro disse: “Graaazie Tommi.”
“Li ho presi dal bancone.” Sorrise lui. “La gente abbandona le birre, ma noi non le lasceremo diventare calde.”
Si chiamava Tina; lei e le sue amiche le avevano conosciute gli altri, giù a Bretton, non so come. Guardò il Violento. Era piena d’ammirazione nei confronti di quel ragazzone italiano che, oltre ad aver offerto birra a lei e alle sue amiche, faceva anche il modesto. “Dai, Tommi, non vorrai farmi credere che le hai davvero prese dal bancone.”
“Certo.” Borbottò lui. “Non vedi che sono tutte cominciate?”
No, non l’aveva visto. Quando si accorse che nessun bicchiere di birra era colmo fino all’orlo, capì che era davvero così, e si mise ad urlare: “Ma Tooommy! Ti sembraaa? Ci fai bere da dei bicchieri spooorchi?”
Io mi ero appena alzato. Cercavo di raccogliere i pezzi di polmoni dal marciapiede, ma quando la vidi, dall’altra parte del canale, scaldarsi in quel modo isterico, mi preparai al peggio. Chiusi gli occhi giusto mentre il suo corpo esile volava al di là della balaustra. Non feci in tempo a tapparmi le orecchie: sentii il grido, il fragoroso splash (ptshhhhhhhhhh), e le lamentele disperate di una bocca che iniziava a riempirsi d’acqua. Quando il Violento prese a bombardarla di sassi, facendola affondare, pensai che era meglio così.
Cosa successe dopo? Ricordo torrenti di noccioline rubate dai piattini di un bar e scagliate in occhi e bocche. Un pallone da calcio che colpì in pieno volto un poliziotto, facendo deragliare un treno. Il tentativo boyscoutesco di far attraversa la strada ad una vecchia che si mescolò a una scivolata a sei tacchetti sulle strisce pedonali. Una pisciata in faccia ad un monumento, con conseguente multa e denuncia alla corte marziale. Ricordo tante storie vissute insieme. Ricordo una voce, come la sirena notturna di una città in guerra, ululare distorta quella parola: “Sfigaaati.”
Al termine della giornata, alla vigilia del suo ventiquattresimo compleanno, ricordo che chiesi a Tommi come si sentisse.
“Sono cresciuto.” Rispose lui, sinceramente. Indossava un abito scuro e una cravatta rossa. Aveva appena finito di lavorare. “Tutte queste storie fanno parte del passato.”
“E i venti Euro che mi devi? E tutte le cose che hai fatto? E Tina?”
“Chi è?”
“La ragazza affogata nel canale a Fleet Strert.”
Mi accartocciai su me stesso, stingendomi il ventre dolorante. Un altro pugno, stavolta sulla fronte, mi stese definitivamente e Tommy, sorridendo da vecchio amico, mi disse: “Emu, sono tutti stereotipi.”

Killer Toad
(tutti i nomi e i fatti narrati sono di pura fantasia)