martedì

Distruzione

L’amarezza, dopo aver appoggiato la cornetta, si fa largo fra il mio sbeffeggiante ego. Il desiderio di vendetta per un torto subito è immenso. Ancor più se il suddetto torto non è considerato tale da chi l’ha commesso. Il quale anzi fa notare con stupore la sua immutata limpidezza d’animo.

La consapevolezza di aver fatto tutto da solo, di essermi offeso da solo, accresce il desiderio di rivalsa verso l’amico innocente. Ciò che mi sta più sul cazzo è appunto non aver scosso le spalle come faccio sempre con tutti. L’essermi costruito un castello di entusiasmo su una certa iniziativa NonNecessaria (che presuppone la collaborazione di altri) mi ha reso per un attimo appunto dipendente dagli altri. E ciò è un grave errore. Una debolezza irripetibile che andava purificata con un gesto di innata follia. Distruggere tutto, appunto.

Accarezzare la magnifica brezza che ero solito provare, durante tutta l’adolescenza, quando mandavo all’aria qualcosa di anche mio, per rabbia, per impulso, perché avevo perso totalmente il controllo, mi riempie di fervore. Agisco spesso così, amo il sapore acre dell'irrequietezza che mi pervade le membra. Com’è bello esplodere, gettare il cappello per aria. È la libertà assoluta che adoro sfiorare.

Ma stavolta non è il caso: il motivo non è abbastanza epico per distruggere un blog così epico. Perciò mi sono limitato ad uno scherzo.

Quando qualcuno scoprirà il trucco, cioè che ho semplicemente cambiato l’url, rimetterò ogni cosa a posto e ridarò la password agli altri.

Ciò durerà, ovviamente, finché non ci sarà un motivo artisticamente all’altezza per distruggere tutto.
Emanuele

domenica

begin

come credete di comportarvi?

come vi va,come si aspettano gli altri,per stupire,per attirare l'attenzione,seguendo lo status quo,ribellandovi,esagerando,picchiando,non scegliendo,lasciandovi scorrere tutto addosso,ridendo degli altri,facendo ridere gli altri,cinicamente,sfottendo,umiliando,pensando,non parlando,fare le cose che fanno tutti,non farle apposta,seguendo una via,non seguirne nessuna...
ma guarda non so..

so solo che adesso mi chiedo il perchè delle persone,perchè si comportano così,se hanno uno scopo o non si preoccupano neanche di averne uno,se hanno passioni o se se le sono fatte inculcare,se anche loro vivono scivolando o cercano di capire ..perchè se tutti ci soffermassimo sull'esistenza e sui nostri comportamenti derivati allora non rimarrebbe che spaccarsi la testa e distruggersi psicologicamente...
ma no cosa dico meglio distrarsi e fare le cose che van fatte,quelle giuste,quelle buone e che mantengono lo stato attuale,non ci sconvolgiamo,perchè ci dobbiamo arrovellare in discorsi tristi e astratti, non ha senso a pensare al perchè delle cose..
se ci sono se ci siamo se tutto ciò esiste ci sarà un motivo,perchè lo dobbiamo ricercare,tanto non lo troveremo mai,perchè entrare in una spirale di tristezza, angoscia e amarezza quando possiamo vivere bene senza pensarci,rimanendo convinti che tutto scorre perchè è così da sempre.

non facciamoci troppe domande.


coja

sabato

This is madness

Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
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Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.
Il mattino ha l’oro in bocca.

Madness Faliero

mercoledì

what way about?

L'essere umano, che per sua natura deve avere qualcosa in cui sperare, quando la situazione appare senza via d'uscita tende a formulare ipotesi che offrano l'illusione della speranza.

Quelle derivanti dalla filosofia risultano fra queste ?


O&A

domenica

Starring at the Queer

"L’arte forma e influenza le esigenze dei ricchi dell’epoca successiva."

Antonio Caparicanolo, Giugno 2007.
(capo muratore dell’impresa F.lli Caparicanolo & C. Futuro ricco.)



"Considering ghetto-art more unaffected then other attitudes is a kind of racism typically found in young and rich students of upper classes (these people generally paint graffiti and wear ghetto-clothes)."

Jerry McLaren (teacher of Contemporary Art at UCLA) during a conference in March 1994



"Nessun’arte può esistere senza la presunzione di esser tale."

Mr.Cheat in tribunale. A conclusione dell’arringa difensiva.

sabato

Starring at the Queen

"Lo scopo dell'arte è di saper interpretare le esigenze dei nuovi ricchi.
Da questo punto di vista il futuro è la self-art."


Ramirez Sanchez - tratto da un'intervista rilasciata a "Sun" del 12.04.2007


"The reason why graffiti ain't been legalised yet is that people can't take trains' coach at home."

Rhiot139 - scritta su un muro di Los Angeles

venerdì

Babele

Mi osservi dalla panchina mentre cerco nervosa sulla cartina. Non una. Neanche una parola che corrisponda. Focalizzo punti di riferimento. Ad esempio quella casa arancione. Una grossa buccia d’arancia rompe la simmetria della facciata. A carattere Arial 64 è stampato il suo nome. Tu ghigni immobile da quella panchina. Mi chiami GOFFA. Alla sua base un cartello con scritto PANCHINA DI LEGNO. Lontanissimi i confini della piazza, non riesco a decifrarli. Lo spazio si riempie di sensi a cui non so dare il nome. Inciampo in una lastra di pietra dov’è scritto PAVIMENTAZIONE. Impreco per l’unghia spezzata. Tu ridi fragorosamente aumentando la mia irritazione. Dalla tua fronte ignara germoglia uno strato di pelle sottile con scritto FRONTE. Silenziosamente sorrido di questo risarcimento alle tue risa. Nuovi strati di pelle si accavallano a descrivere la tua ordinaria anatomia. Mi passo inconsapevolmente una mano sul tallone. Non mi stupisco di trovarvi scritto TALLONE. Mi siedo al centro della piazza deserta. Intravedo solo una minuscola panchina scolorita. Distendo a modo la cartina sulla PAVIMENTAZIONE. Inizio la scansione. Parole fluttuanti catturate dai neuroni si incollano alla mappa. Contatto visivo. È un grande sforzo di concentrazione. Pausa. Ti guardo. La panchina è piccola e distante. Riesco ancora a leggerne le propagazioni. Affusolate schegge di legno si sovrappongono al cartello. Emanazioni dei materiali costituenti aumentano il volume. SCHEGGIA CHIODO SPIGOLO PANCHINA ASSE SCHIENALE - Hai poi trovato la parola? Non ancora. Dove la stai cercando? Dove non c’è, temo - E poi silenzio.
Le tue braccia ondeggiano nel tentativo di aprirsi un varco tra le insegne. I significanti evanescenti paiono ancora darti respiro. Non vengo in tuo aiuto. Ho ancora il mio daffare. Fisso un attimo il sole credendo di trovarvi scritto SOLE. Invece mi abbaglio e tra le ciglia scorgo PALLA DI FUOCO. Una gigantesca panchina si avvicina a velocità impercettibile. Infine arriva ma si confonde. Piange e domanda ma non comprendo SCHIODO SPIGASSE PANCHENALE EGGIOLA tutto è confuso. Tu invece sei lontano. Rotoli cercando di sfruttare l’attrito della PAVIMENTAZIONE per sfogliarti di dosso tutto quell’eccesso. Mi sfioro le dita e le scopro ispessite di nomi concreti. Il tuo rotolare svela la non-evanescenza. Come infuocato non riesci a salvarti. Lo spazio ti comprime assetato di altro spazio. Sullo spazio è scritto SPAZIO. Non ci sono più confini. Finalmente a contatto con quei nomi. Mentre soffochi mi accingo alla cartina CARCO PARTA CHIMITERO CIESA SCUOZIONE STAMUSO. Dov’era SPAZIO ora è scritto SATURAZIONE. Si blocca la scansione. Implodo risucchiata dalla PAVIMENTAZIONE cercando ancora la definizione.

Yoko Onu Musaki

Boogie night

Le ragazze della coda avevano gambe che sfilavano sui denti del garzone attento,
il quale,
divorando chewin-gum e pasticche del Re Sole agitava la scatola di fiammiferi
che gli suonavano come i tacchi ancorati alle gambe di quelle.
Le quali invece avevano altro su cui passeggiare tipo le suole spazzolate
della Chevriolet chez monsieur Lipset
drinkeggiando Martini e mostrando canini affilati.
Con cui avventarsi su un ipotetico innamoramento inserito in giacchette
di dubbio gusto tra il viola e il fucsia rosé.
Dicendo guarda ragazza quello si era inevitabilmente compromesso ma dopotutto un ruolo pure lui ce l'aveva.
Il suo ruolo nell'attimo descritto era in bilico tra cinico e patetico, ma
il quale,
non aderiva comunque a mostrarsi scettico.
Per cui tentava e ritentava aggrappandosi a questo masticare furibondo che gli rimestava un gusto di parole
biascicate
che al naso di quelle
- e in particolare di quella che lui aveva addentato-
puzzavano di cadavere in via di decomposizione.
Un paio di mosche ignare gli ronzavano attorno alla fronte sudata tra il bianchiccio e le chiazze congestionate, ma queste non avevano intenzioni malvage, dopotutto.
Quello per se stesso sembrava non demordere e si batteva come un pugile trovando come uniche alleate quelle chewin-gum al gusto di Re Sole,
le quali,
probabilmente nell'arco della serata si sarebbero rivelate le sue uniche puttane di fiducia.

Quincey Morris

martedì

La risposta di IO

Hai ragione. Forse avrei dovuto dire IO. IO penso IO rappresento IO scriverò IO odio IO sono influenzato da e IO che non ho nessun riferimento faccio dico vivo rifletto IO. E ti assicuro per un megalomane auto-referenziale e tendenzialmente mitomane come me essere accusato di non aver usato il pronome personale IO è alquanto buffo e insolito. Ma ammetto che è pertinente.

Anche se non puoi negare che l’essere monadi in una realtà globale, il non avere alcun legame generazionale, il vivere in società consumistiche allargate, il fatto stesso che ognuno creda di poter rappresentare qualcosa e la possibilità che esista ad ogni latitudine il banale provincialismo qualunquista, ciò rappresenta l’ambiente comune in cui TUTTI o quasi viviamo.
E IO credo che sia retaggio di una sociologia medievale, triste e priva di spunti credere che dei fenomeni vada considerata solo la presenza.
La mancanza influenza e definisce i contorni umani e sociali in cui un individuo cresce tanto quanto la presenza. Quindi IO sono convinto che l’assenza di un’appartenenza sociale, l’assenza di una visione unitaria, l’assenza di tutto ciò che tu e altri milioni di finti pensatori illuminati avete puntualmente descritto, sia proprio ciò che ci accomuna e che ci permette di essere considerati una generazione. Una generazione molto più variegata, solitaria, individualista-IO, virtuale se vuoi, con maggiori voci, più difficile da catalogare per quelli che vogliono sempre catalogare, senza esperienze comuni, senza lotte unitarie, senza senza senza.
Se vuoi saremo la generazione dei senza.
Non so, i nomi generalmente li danno i posteri e sono tutti limitativi e annichilenti. Ciò che voglio dire è che il fatto che la nostra epoca sia ovviamente diversa dalle precedenti non significa certo che non sia anch’essa un epoca. E la nostra generazione, variegata fin che vuoi, non descrivibile fin che vuoi, è pur sempre una generazione di coetanei che vive più o meno esperienze simili in una società simile.

E mentre molti registi messi in difficoltà da questi anni narrati a infinite voci si rifugiano in più facili clichè di epoche passate, Tarantino a MIO parere prova ad essere realmente contemporaneo. Il che significa, oltre che descrivere, contribuire a creare immagini, suggestioni e attitudini nei ragazzi. IO, che ero e sono ragazzo mentre escono i suoi film, sento che lui è l’artista vivente che più MI ha influenzato. Tutto qui.

Infine il tuo bel commento e la maggior parte dell’esperienza di questo blog dimostrano in modo lampante quanto il distruggere sia più sciolto e affascinante del dire. Probabilmente perché ontologicamente non potremo mai dire nulla di sensato e di effettivamente adatto e motivato. Questo è il motivo per cui io di solito sto dalla parte del distruggere e per cui quando dico preferisco sfiorare o lo faccio utilizzando iperboli, linguaggio icastico e provocazioni.
Perciò non posso che apprezzare incondizionatamente ed elogiare il tuo intervento de-costruttivo e giustamente sconfortante.

A questo punto non posso firmarmi ancora Comitato cinema fucsia e nemmeno Mr.Cheat che è morto o chi altro. Mi firmo IO, cioè colui che ha scritto circa un terzo di ciò che leggete in questo contemporaneo e magnifico blog.

IO

Jacopo Leone l'amico di scazza ha detto

Credo che questo post sia in assoluto uno dei piu idioti e banali che abbia mai letto. In primo luogo la "nostra generazione" non esiste e mai esisterà. Il sessantotto aveva un riferimento sociale unitario forte, classista e generazionale. Noi, quelli del WTC, immediatamente dopo quelli del Muro, non abbiamo alcun legame generazionale. Abbiamo legami, ma ristretti, parziali, nulla più. Siamo monadi in una realtà globale, in cui i rapporti svaniscono appena oltre le mura di casa. Niente potrà più creare un appartenenza sociale vasta, internazionale, con valori e ideali condivisi [vedi libertà sessuale, femminismo, pacifismo]. Tutto questo è sparito (sui benefici eventuali si puo discutere). Viviamo in società consumistiche ed allargate. Basta leggere un libro di sociologia per scoprirlo.Pensare dunque che un regista possa rappresentare una particolare fascia di età sociale è se non altro infantile.

"Il fatto è che noi ragazzi, che non abbiamo fatto il sessantotto ma siamo passati per scuole che cadevano a pezzi, non siamo cresciuti...". Quel Noi odioso non esiste. Parlare così è credere di rappresentare qualcosa, credere di poter essere in grado di dare voce ad un vasto gruppo di persone, nel caso coetanei. Proprio quello che fa Moccia nei suoi libri. Il solito, banale, provinciale, discorso qualunquista.

Per quanto possa apprezzare Tarantino, riesco a capire che per un altro ragazzo della mia generazione tutto quello possa non dire nulla -perchè magari preferisce Tom Cruise, i Linkin' Park o Ermanno Olmi. Elevare qualcosa -qualsiasi cosa- oggi giorno a fenomeno generazionale ("noi ragazzi"), è semplicemente sciocco, come lo è pensare che una volta preso "noi" il potere di critica cinematografica(anzi no, "le nostre generazioni") non potremo che trovarci consenzienti nel lodare Tarantino e pellicole. Uniformità sociale marxista. Con una punta di determinismo.
Senza parole.

Critica di uno che solitamente apprezza le pagine di questo blog.

domenica

Recensione di Death Proof

Attenzione. Qui siamo di fronte all’urgenza di effettuare importanti riflessioni. È evidente che ogni contemporaneità ha qualcuno che la canta, e c’è chi la canta meglio, chi è un po’ stonato, chi è solo un epigono e chi addirittura (come vorrebbe Oscar Wilde) mentre dipinge un epoca contribuisce a crearla. Io avevo 9 anni quando Vincent e Jules puntavano le loro pistole e Marcellus Wallace, violentato da un pervertito nel retrobottega di un negozio, si faceva salvare dal giovane e sanguinolento Bruce Willis. E potrò dire di aver avuto 19 o 20 anni quando Uma vestita di giallo massacrava centinaia di incolpevoli cinesi. Ora posso dire di averne quasi 22 e di aver assistito, ieri sera, ad un pezzo importante della Storia del cinema.

Credo che Quentin Tarantino sia l’artista più rappresentativo del passaggio fra i due millenni. Ne avevo il sospetto quando, con Jackie Brown, le Ienie, Pulp Fiction e firmando la scenggiatura di Natural Born Killers creò non solo un genere ma un attitudine che molti hanno inconsciamente fatto propria, fatta di cinismo artistico gratuito, sdrammatizzazione della morte e conseguentemente della vita, colori e musiche re-inventati mescendo pop-art pischedelìa oriente e country, dialoghi balordi e fantasia realmente creativa senza freni. Ne ho avuto la conferma guardando Death Proof, la storia di un folle ma tenero Stuntman Mike che insegue crew di ragazzine affermate e cerca di massacrarle in modo buffo e disincantato.

L’aspetto stupefacente è il modo in cui è narrata una vicenda apparentemente priva di senso, di morale, di insegnamento, di cambiamenti, di pedagogia, di socialità e di tutti quei paroloni che piacciono tanto a certi critici. È evidente come Tarantino riesca sempre a non incanalarsi in nessun clichè e anzi a creare lui stesso modelli che verranno poi ripresi dagli altri.
L’idea del serial killer, di per se usurata e resa tediosa e arcaica da molti film privi di slancio, è sviluppata qui in modo diverso, fra lo splatter pulp, l’ironia, il vintage di un pellicola rovinata e privata di fotogrammi (in pieno stile Grindhouse Movie) e dialoghi forse non al livello delle Iene ma estremamente graffianti e ispirati.

Si tratta di un film che esalta tutti coloro che si aspettano di essere stupiti, ma che riesce anche a fornire infiniti spunti agli studiosi di cinema che ritrovano citazioni sceniche e musicali sparse un po’ dappertutto.
Perciò mi fa sorridere che Tarantino (talmente auto-ironico e consapevole del suo talento da citare se stesso) venga pure stroncato dalla critica. La stessa critica che magari osanna la presunta profondità semantica di un banalissimo Olmi (o chi per lui) o che celebra film salvati soltanto da inutili effetti speciali, senza arte e creatività, solo perché i primi trattano come clichè temi apparentemente impegnati e i secondi ripropongono come epigoni l'idealtipo americano di avventura.

Il fatto è che noi ragazzi, che non abbiamo fatto il sessantotto ma siamo passati per scuole che cadevano a pezzi, non siamo cresciuti col carosello ma con Mentana che ci raccontava quante madri e quanti figli erano stati massacrati nel giro di dodici ore, noi che non abbiamo avuto eroi positivi come Bob Dylan ma soltanto marce storie di drogati finiti nel sangue come Kurt Cobain, noi giovani tecnologici, solitari e post-industriali rivediamo le nostre vite e i nostri pensieri nell’allegro nichilismo di Quentin.
Non che sia un bene o un male, forse è solo una questione di tempo. L’unica consolazione è che saranno le nostre generazioni a scrivere i libri di storia del cinema che parleranno di questi anni, e sono convinto che il nostro poeta pulp sarà celebrato a dovere.

Comitato cinema fucsia.