giovedì

I got to keep moving, blues falling down like hail

Il 23 novembre 1936, in una stanza d’albergo di San Antonio, Robert Johnson registrava “Kindhearted Woman Blues” per un negoziante di dischi di Jackson, Mississippi. Robert Johnson era nero, bluesman e forte bevitore, caratteristiche che, ai tempi, molti afroamericani potevano vantare. Diversamente da molti afroamericani, Robert Johnson avrebbe girato gli Stati Uniti vestendo abiti eleganti e suonando ogni sera in locali diversi perché, diversamente da molti afroamericani, suonava il blues come nessuno prima di lui. Robert Johnson era uno dei primi negri a cui la società americana permetteva di non fare il negro dei campi per fare il negro che canta.
Incidendo quella canzone, la società americana stava incidendo dentro se stessa un nuovo modo di pensare: lo stesso che nel 1985 avrebbe permesso di trasmettere nell’etere nazionale il canale televisivo ‘Home Shopping Network’. “Se un negro vende, non ha senso censurarlo in quanto negro, perché significa perdere un potenziale guadagno”. Nel 1936 in pochi avrebbero difeso questo argomento, a parte qualche liberal e qualche commerciante di dischi. Una grossa fetta della società avrebbe obbiettato che “i negri che oggi incidono un disco blues, domani pretenderanno di essere presidenti degli Stati Uniti d’America”.
Se qualcuno volesse descrivere quella società usando il vocabolario delle persone dell’epoca, potrebbe adottare diverse prospettive. Ad un estremo c’è la prospettiva del negro dei campi, verso il centro quella Robert Johnson, verso il centro ma dall’altra parte quella del commerciante di dischi, all’estremo opposto c’è il Ku Klux Klan. Un filosofo marxista direbbe che la realtà americana degli anni trenta è quella vista dal negro dei campi, un liberale sarebbe conteso tra Robert Johnson e il commerciante, un teorico della razza ariana tenderebbe verso la realtà spiegata dal Ku Klux Klan. Più realtà coesistono. Nessuna descrizione della società può definirsi oggettiva o neutrale. Non esiste ‘La Realtà’: panettone confezionato da consumarsi secondo i gusti. Esistono sovrapposizioni, simulazioni, sentieri biforcuti e temporalità continue dentro labirinti di specchi. Un magma in cui siamo immersi fino ai capelli e da cui non possiamo uscire vivi o liberi.
Dobbiamo accettarlo, ma credere che questo significhi rinunciare a darsi delle risposte (e quindi concludere di non voler cambiare nulla) è contraddittorio. Se non esiste una posizione privilegiata da cui guardare le realtà, anche sostenere che la speranza sia ontologicamente scomparsa, o che non esistono risposte, diventa una risposta, una nuova ontologia. Il che contraddice l’idea iniziale di voler fuggire l’ontologia in nome della “consapevolezza”. Non possiamo raggiungere una consapevolezza distaccata, possiamo solo incarnare le prospettive che decidiamo di sostenere più o meno consapevolmente. La vita quotidiana ne è un esempio: se da un lato l’uomo postmoderno si dichiara incredulo nei confronti delle metanarrative, dall’altro, per sopravvivere, è costretto a costruire giorno dopo giorno delle narrative. Queste narrative, esplicitamente o implicitamente, nascondono delle metanarrative. Se compio il gesto di mangiare è perché voglio farlo. Voglio farlo perché sono io a comunicare al mio braccio di muoversi per portare il cibo alla bocca. Se penso che mangiare non abbia delle implicazioni al livello delle metanarrative, mi sbaglio. Perché voler mangiare? Perché voler sopravvivere? Ogni pensiero è direttamente o indirettamente influenzato dalla nostra volontà. Ogni teoria è per qualche scopo o per qualcuno.
Ciò significa che anche quello che sto scrivendo è orientato dalla mia volontà. Io voglio rifiutare l’assoluto perché mi da un senso di claustrofobia, voglio dubitare per scelta. Voglio sostenere il relativismo perché non mi piace pensare che qualcuno possa rivendicare un accesso privilegiato alla verità o alla realtà. Voglio cercare la prospettiva di ogni discorso perché questo mi permette di capire meglio come si relaziona con la mia volontà. Voglio credere che le realtà siano costruite intersoggettivamente, tra persone, perché questo mi fa sentire più libero e mi da più gioia. Oltre a questo voglio essere coerente, quindi voglio accettare le conseguenze logiche delle mie affermazioni. Subordinare la verità alla volontà significa riconoscere che quello che dico ha, come fonte di giustificazione ultima, me stesso anziché il mondo. Significa riconoscere che la mia costruzione è un castello di carte senza valore intrinseco. Significa accettare che non sto procedendo verso nessuna fine della storia in cui il bene trionferà sul male, né che esistono 'meglio' o 'peggio' oggettivi al di fuori delle mie spiegazioni. Immagino che significhi anche ammettere il mio egoismo ed egocentrismo.
Questo è un esempio ristretto e scarabocchiato della mia volontà, di quello che credo di essere io oggi. Come ho detto, non è 'giusto' o 'meglio' in modo definitivo, è un discorso basato su un vocabolario. Il mio vocabolario dice che io voglio, ma che la mia volontà non può esprimere il suo potenziale se resta sola.
Per cui la mia domanda centrale diventa: cosa vogliamo noi oggi?


lioton

domenica

Arctic dreams

Come può una persona vivere un'esistenza morale e compassionevole quando è pienamente cosciente del sangue,dell'orrore inerente alla vita,quando trova l'oscurità non solo nella sua cultura, ma dentro di se?
Se esiste uno stadio in cui una persona diventa veramente adulta, dev'essere quando comprende l'ironia insita nella sua evoluzione e accetta la responsabilità di una vita vissuta nel mezzo di questo paradosso.Una persona deve vivere immersa nelle contraddizioni, perchè se tutte le contraddizioni venissero eliminate contemporaneamente,la vita crollerebbe.Semplicemente, non esistono risposte ad alcune delle grandi e pressanti domande; (o meglio,esistono, se uno ha la forza di crederci).
Si continua a viverle,rendendo la propria vita una degna espressione dell'aspirazione alla luce.

Hawk Paulen

venerdì

bevete l'acqua del rubinetto

l' acqua è un bene pubblico, inalienabile e che deve essere gratuito per tutti. e io, e spero tutti, mi batterò perchè lo rimanga:è un discorso chiaro ed è un diritto/bene fondamentale che non deve alimentare profitti.
Ho detto prima che l'acqua dev'essere gratuita; l'unica cosa che dobbiamo pagare è il sistema distributivo di tale risorsa.La manutenzione del sistema idrico. e qui discendono 2 problemi/costumi fondamentali.
L'acqua la dobbiamo pagare per la comodità (arriva nell nostre case,mentre gli antichi se la andavano a prendere dov'era..anche se nell'impero romano gli acquedotti erano gratuiti...) e la manutenzione della rete e le persone che ci lavorano.
TUTTO OVVIAMENTE CON SOLDI PUBBLICI.Il concetto virtuoso è (sarebbe) che dato che sono tasse (e ce ne sono poche di risorse derivanti da tasse. dato l'elusione,l'evasione...) dovremmo limitare gli sprechi di soldi e di acqua con azioni mirate in modo da pagare oggi, per interventi struttuali sulla rete idrica, che consentano di pagare meno nel lungo periodo.

E' stato fatto il contrario: si è pagato poco nel passato,mettendo pezze qua e là (e usando i soldi per altro,come asfaltare le strade e sviluppare il trasporto su gomma..per creare però posti di lavoro..FIAT e mercato automotive...trasporto su gomma è un' altra piaga infrastrutturale ed ambientale dell'italia: si è pensato a costuire strade ed automobili e adesso per spostare merci e persone paghiamo di più inquiniamo di più,mentre se avessimo usato i fondi per una diversificazione equa e mista del sistema di trasporto avremmo ogi vantaggi economici,ambientali e di tempo per km percorso. Si è voluto creare un monopolio per il trasporto :GOMMA, ed oggi ne paghiamo tutti le conseguenze.)
PER ACQUA il ragionamento è diverso ma con accezioni simili.
Si è voluto spendere poco per usare fondi per altro,facendo manutenazioni tappabuchi ma non strutturali ed oggi ci troviamo con immensi danni e sprechi allucinanti.

Purtroppo i responsabili di tutto ciò sono gli amministratori pubblici che noi abbiamo votato (dando pochissima importanza alla gestione idrica, che non compare neanche nei programmi dei candidati premier/sindaci/governatori/presidenti perchè "tanto in Italia c'è tanta acqua").

Se dovessi fare un parallelo con la crisi economica direi che fino a 2 anni fa si diceva "tanto il mercato va bene" poi (dato il momento di grassa in cui le risorse economiche c'erano...) non si sono fatti interventi di sistema (formazione,istruzione,ricerca,innovazione...) e adesso ci troviamo senza basi su queste tematiche, ma se prima c'erano i soldi a coprire queste mancanze struttuali del sistema paese adesso non ci sono neanche quelli..



torniamo all'acqua...
Allora si è dato tutto in gestione ai privati ,perchè si è pensato che applicando il criterio dell'efficienza economica dei privati si migliorasse e razionalizasse il sistema idrico.

MA i privati si sono trovati tra le mani un colabrodo con enormi falle e costi di gestione altissimi e allora hanno alzato i prezzi della risorsa per almeno andare in pareggio di bilancio.



Questa è la premessa per ITALIA ma un po' per tutto il mondo (chi più chi meno) a parte gli stati nord-erupei...



Credo che un ente pubblio efficiente sia la soluzione migliore, MA dato che giustamente le istituzioni non guardano ai costi-ricavi ma ai costi-benefici spesso creano un disavanzo economico insopportabile per le casse pubbliche, che allora demandano al privato.



ESEMPIO NUMERICO:se l'ente pubblico ti vende l'acqua a 5 e il prezzo 5 è equo e sostenbile economicamente per i cittadini, non lo è per l'ente che ha dei costi di 7-8 dato la carente situazione del sistema idrico-fognario. fortunatamente per un periodo te la vende a 5 perchè non deve per forza far quadrare il bilancio e può aver altre tasse che compensano tale disavanzo economico. Alla lunga però il disavanzo aumenta ed è impossibile coprirlo economicamente con altre entrate da tasse. allora l'ente passa tutto al privato (con forme giuridiche comunque di controllo pubblico che però non incidono molto sulle azioni e scelte del privato..vedi municipalizzate) Arriva il privato che ti vende l'acqua almeno a 8 per andare in pari (giustamente: il privato non è cattivo, ma in quanto privato non può permettersi un disavanzo economico e giustamente vuole almeno pareggiare,ma anche guadagnarci quindi ti venderà a 9 o 10.) Questo sembra ingiusto al cittadino (abituato a non pagare gli sprechi idrici del suo territorio).



In realtà non ha niente di illegale o ingiusto .



l'acqua costa pochissimo al rubinetto (costa in media 1 euro al metro cubo) quindi costa 1 euro per mille litri: E CON QUESTO DATO vi faccio solo capire quanto ci guadagna (ma milioni di euro... su un bene pubblcio che pazzescamente compriamo al supermercato..io no!... chi vende l'acqua imbottigliata in bottiglie di PET (polietilene=plastica), che crea tantissimi rifiuti e inquinamento da trasporto...ovviamente su gomma...
spero di essere stato chiaro ,ma forse mi sono espresso male,ne parleremo....



e come vedete dalla mole del post sono temi che mi appassionano molto; si chiama "sostenbilità (intesa come sostenibilità economica ambientale e sociale) delle risorse e dei beni pubblici"

so che il post è molto tecnico ma ci tenevo a condividerlo con voi

buona notte

mercoledì

Una sana irrequietezza porta ad una visione del futuro

Ovviamente parlandomi di ambiente e sviluppo sfondate con me una porta aperta per la quale m’impegno e mi documento lavorandoci tutti i giorni.Non voglio impostare qui discorsi operativi sulle politiche ambientali o su cosa si sta facendo e cosa si potrebbe fare.Dico solo che la realtà o le diverse realtà sono impostate su indicatori,spesso quantitativi ma anche qualitativi.La nuova realtà potrebbe nascere adottando dei riferimenti diversi o meglio complementari ed integrativi rispetto a quelli che usiamo oggi, quali il PIL o la valuta monetaria.Se tuto avesse un indicatore ambientale (e ne esistono già,ma non sono ancora in voga presso la massa) allora cambierebbero parecchio le cose.Che cos’è che purtroppo cambia le cose e le nostre scelte? Il tempo, la volontà (intesa come cultura,sentimenti e passione…) e il denaro. Purtroppo siamo sempre costretti a scegliere in base a queste 3 variabili (che voi mi potrete contestare ma riassumendo ci troviamo tutto), poi ne possono esistere altre, ma per adesso provate a seguirmi.Se (come oggi) iniziamo a pensare che camminare nel campo di grano rispetto all’autostrada ha degli effetti positivi che fino ad ora non abbiamo considerato e che possono tradursi in vantaggi per noi (e per gli altri) per una o più di queste variabili, allora credo che il cambiamento si possa innescare. E’vero che il cambiamento siamo noi e non bisogna aspettarsi niente e non bisogna scaricare la responsabilità su altri o sui massimi sistemi, però credo che per innescare un miglioramento (inteso in senso lato) bisogna innescarlo tramite la propria persona su questi massimi sistemi per la visibilità e portata positiva che ne potrebbe scaturire.Lo squallore e le realtà che coesistono potrebbero essere integrate da questa nuova situazione, la quale potrebbe modificarle parzialmente e creare così un cambiamento.
Se parliamo del dilemma dello sviluppo e dell’ambiente, come alcuni di voi ben sanno, la crescita spesso (e soprattutto nei paesi occidentali negli ultimi 20 anni) ha avuto effetti anche negativi sullo sviluppo.Se cresce il PIL non è detto che aumenti lo sviluppo. Se sono in fila in tangenziale a Milano con la macchina, il PIL aumenta perché consumo benzina e gomme ecc. ma sicuramente non aumenta il benessere (e quindi lo sviluppo) mio e di quelli in fila con me.Ma questa situazione viene conteggiata positivamente.Così come se peggio,faccio un incidente e vado in ospedale: la manutenzione della macchina, l’assicurazione cresce,le spese mediche aumentano…sono esempi stupidi per farci capire che gli indicatori sintetizzano in modo non completo i costi e i benefici delle diverse realtà e situazioni.I paesi in via di sviluppo stanno aumentando il loro benessere, ma arriveranno (ai nostri anni 70) ad un punto in cui spero e credo (dato il nostro esempio negativo che non seguiranno) non vorranno proseguire andando a diminuire la felicità dei cittadini che vi abitano e dello sviluppo (inquinamento,aspettativa di vita, grado d’istruzione).Il dilemma è grande ma sono convinto,dato che sono ottimista, che non imploderemo tanto presto, anche se siamo la prima generazione che sta peggio di quella precedente(sotto certi punti di vista).Io sono entusiasta,perché sotto quello che noi e i media ci diciamo c’è una rete di piccole azioni e realtà che va nella direzione opposta.100 anni prima che cadesse l’impero Romano iniziarono a nascere le Pievi Feudali (che per 1000 anni furono esempio positivo di sviluppo,almeno per gli standard dell’epoca) e quando l’impero crollò,il sistema umanità non collassò ma trovò un nuovo riferimento nelle Pievi, che avevano degli indicatori e standard diversi da quelli dell'Impero;stili di vita e modelli di consumo e culturali completamente diversi.Alcune Pievi oggi sono già sorte..una moltitidine inarrestabile di movimenti e persone assumerà sempre più importanza fino a diventare una nuova realtà che influenzerà le altre coesistendo con loro, senza eliminarle, ma migliorandole.

Jaco con Violenza verbale

venerdì

Charcot-Marie-Tooth Disease

Sono le 14.08, tredici Novembre duemila e nove. E' Venerdì. Ma forse no. Dopo tutto non ne vedo l'importanza. Papà Goriot [I diritti sono riservati, come da legge sul diritto d'Autore n. 518] è morto come Balzac come ogni altro Autore. Fuori sembra piovere. Il mondo sembra non celebrare/ricordare nulla.
Ora. Il primo Luglio 1985 il canale televisivo 'Home Shopping Network' veniva per la prima volta trasmesso nell'etere nazionale americano, a seguito di una breve parentesi gestazionale di livello statale, nella fattispecie Florida, mettendo le basi per una felice storia di business capitalistico a stelleestriscie ed una significativa, sebbene silenziosa, mutazione socioculturale destinata ad avere una ripercussione globale nell'arco temporale tipicamente ristretto di ogni iniziativa commerciale propria degli anni 90' del XX secolo Dominus Christi. 'HSN' [marchio registrato] è l'acronimo comunemente usato per indicare tale canale televisivo (240 Satellitare). Al momento presente il titolo HSN, quotato nel mercato borsistico NADAQ nordamericano, ottiene un valore di $16.57 per azione, segnando un significativo aumento del 6.77% nell'ultima seduta di contrattazione. Allo stesso tempo 'HSN' rimane ad indicare la sintomatologia medica 'Hereditary Sensory Neuropathy', i quali sintomi principali consistono in una progressiva perdita (con diversi livelli di severità, in accordo con la sottotipologia connessa) della sensibilità nei terminali nervosi periferici. Nonostante ciò, non sembra esserci nessun collegamento apparente tra le due cose.
Pochi mesi dopo quel 1 Luglio 1985, moriva Italo Calvino. E nascevo io.
Lasciamo da parte ogni analisi sociologica sull'ambiente in cui mi sono formato come individuo, nel quale ho conosciuto l'unico tipo di vita possibile, oppure come tale scenario socio-culturale mi possa avere influenzato irrimediabilmente nelle mie scelte passatepresentifuture che poi altro non è che quella musicale espressione latina corrispondente a forma mentis. E' tutto già nei libri di sociologia in internet sui giornali alla tv. Ciò che vorrei invece farvi presente è la mia totale assenza di entusiasmo, di quella spinta emozionale tipicamente obamiana (due anni fa sarebbe esistita tale spinta emozionale? sarebbe stata differente da obamiana? avrebbe potuto esserelo?) che porta ad una euforia attiva nel credere, nel volere provare, nel sentirsi pronti. Ecco, io non sento questo stato di sentimenti apparentemente preparatorio ad un rimarchevole cambiamento. Penso di non voler cambiare nulla. Penso la speranza sia ontologicamente scomparsa. E sono felice di questo.
La realtà soggettiva che vorrei comunicare è che a me piace lo squallore in cui esisto. Non credo sia squallore. Non credo sia necessario ragionare nella forma binaria di Peggio/Meglio oppure Sbagliato/Giusto. Io non credo. Io mi sforzo di essere consapevole. Non esiste un inizio ne' una fine. Tutto è sovrapposto, simulazione, temporalità continua, dentro labirinti di specchi simili a quelli di Barth o a sentieri biforcuti come quelli di Borges. Più realtà coesistono. Se più realtà coesistono quale è il senso di voler cambiare la realtà. Se più realtà coesistono mischiate con elementi di simulazione sempre più reali siamo ancora in tempo per pronunciare la parola realtà innocentemente. Nei suoi albori di onde magnetiche la HSN vendeva apribarattoli per $9.95. Possiamo provare a creare un nuovo vocabolario, nuove idee, nuove azioni, una nuova realtà. Ma il nuovo non è più possibile.

EH2

giovedì

coltelli & cappelli

Sono le sette del mattino, giovedì dodici novembre duemilanove. Venti anni, due giorni e qualche ora fa è caduto il muro di Berlino. Il mondo ricorda quell'evento. Il venticinque dicembre il mondo ricorda la nascita di Gesù bambino. Il ventisette gennaio la scoperta di Auschwitz. Apparentemente, il mondo sa cosa ricordare e non si dimentica di farlo. Secondo alcuni quello che ho chiamato mondo sono le persone, secondo altri sono gli stati, secondo altri sono le multinazionali. Alcuni hanno già detto che il mondo siamo noi. Altri hanno già detto che, in realtà, ogni definizione di mondo è per qualcuno e per qualche scopo. Di fronte a questi 'detto' certi hanno concluso che, dei due, o l'uomo o il dire sono di troppo. In post scriptum qualcuno ha aggiunto che anche questo era già stato detto. Di fronte a ciò, mi sento come detto da qualcuno. Vorrei aggiungere qualcosa: naturalmente già detto, ma vale la pena sottolinearlo. Mi sento insoddisfatto. Non proverò certo a fornirne le ragioni perché sull'argomento si sono sprecate montagne di parole. Non proverò a capire cosa dovrei farci perché le biblioteche sono piene di idee a riguardo. Mi chiederei come ci si sente se non sapessi che c'è chi lo ha spiegato meglio. A questo punto posso citare quelli che hanno affermato: sono bloccato.

Accade una cosa strana. Mi alzo e vado in bagno. Quando torno, come i libri di scienza illustrano, mi sento meglio. Ma faccio di più. Alzo la temperatura del termosifone. Immagino addirittura che tra poco sarà ora di colazione e che, tornando dalla cucina con una tazza di caffè apprezzerò lo sciogliersi degli zuccheri nel sangue e il loro effetto stimolante sulle cellule del cervello. Quali alternative esistono, dopotutto? Le prescrizioni in materia non mancano, ma, come hanno detto, sembra difficile seguire idee che vanno contro il proprio stomaco. A questo punto qualcosa è cambiato. Alzatomi per andare al bagno, sono tornato materialista.

Come detto dagli scienziati, esistono bisogni dai quali non possiamo prescindere se vogliamo sopravvivere. Questo però non vuol dire che i bisogni significhino qualcosa. Qualcuno, a riguardo, ha detto che l’esistenza precede l’essenza. Significa che non c’è nulla che nasca con attaccato l’etichetta in cui è ne prescritto l’uso. I bisogni sono ciò che le persone ne fanno. I nostri bisogni diventano ciò che impariamo a farli essere. Da un lato esiste il mondo: nudo, senza parole, senza significati, le cose per come esistono indipendente dal vocabolario che usiamo per descriverle. Dall’altro esiste la realtà sociale: il mondo vestito di parole, carico di significati, il vocabolario attraverso cui leggiamo le cose che ci circondano. Esiste un oceano si parole su come i due mondi interagiscano e su come sia possibile la loro esistenza. Per adesso non mi interessa parlare di queste posizioni, mi interessa solo l’idea che sta alla base di tutto: non è detto che la realtà che vediamo sia necessariamente così. Potrebbe anche non esserlo. Quella che vediamo è una realtà non necessaria, nessuno le ha imposto quei significati per sempre. Esiste il coltello, quello esterno, indipendente da noi ed esistono i suoi significati, a partire dall’immagine con cui entra nella nostra mente: tagliente, strumento per tagliare la carne, arma per uccidere. Il coltello potrebbe anche essere un nuovo tipo di cappello, se qualche etichetta lo lanciasse come moda. Pensare al coltello è un esempio per agganciare il centro dell’argomento. La nostra realtà è talmente quotidiana, prevedibile, automatica, da farci dimenticare che siamo noi a crearla. Potrebbe anche essere diversa. Ne potrebbero esistere infinite altre. Ciò non significa che basta mettersi un coltello in testa per farlo diventare un copricapo. I significati sono radicati tra le persone. Cambiarli non è facile. I significati sono come un sentiero in un campo di erba alta. Al punto zero c’è solo erba alta. Poi arriva una prima persona che vuole attraversare il campo, allora cerca il modo migliore per farlo. Arranca e si graffia con le spine, ma alla fine arriva dall’altra parte. Poi arriva una seconda persona che deve fare lo stesso. Vede che c’è già una traccia e prova a seguirla. Magari cambia qualche tratto del sentiero, si graffia un po’ meno e arriva dall’altra parte. Poi ne arriva una terza, una quarta e così via. Dopo duemila anni quel sentiero è diventato un’autostrada. Mettersi un coltello in testa al giorno d’oggi è come voler camminare sulle mani da Milano a Bologna passando attraverso i campi di granoturco. E’ praticamente impossibile che qualcuno ti segua. A meno che l’autostrada non inizi a essere un percorso problematico. Allora le persone inizieranno a uscire dall’autostrada e cercheranno nuove strade, come quando c’è la colonna.

Io sono insoddisfatto. Immagino che ci siano dei motivi esistenziali in ciò, ma non nego che la realtà in cui vivo, con i significati che ha, contribuisca a tale insoddisfazione. Non vuol dire che il sistema fa schifo ed è da buttare. Non vuol dire che voglio mettermi a camminare sulle mani. Vuol dire che l’autostrada in cui ci siamo immessi sembra mostrare dei problemi. I problemi sono la contraddittorietà, l’incoerenza dei significati. Uno sopra tutti: l’ambiente. Lo stile di vita che abbiamo, noi, oggi, non è sostenibile dalla popolazione mondiale. Non è sostenibile per l’ambiente perché significa distruzione. Iniziamo a sospettare che presto non sarà più sostenibile neanche per noi. I significati contraddittori sono nei discorsi sull’ambiente. Gli stati ad economia avanzata ammettono il diritto allo sviluppo e all’eguaglianza su scala globale, ma, in vista del summit sul clima di Copenhagen, propongono di contenere i processi di industrializzazione delle economie emergenti perché aumentano i gas serra. Le economie emergenti cercano di imitare il modello di sviluppo occidentale, ma ciò include anche gli aspetti negativi di quel modello: l’inquinamento. Noi siamo tra i maggiori produttori mondiali di gas serra. Per sostenere le nostre economie siamo costretti a inquinare. Gli altri, perché non arrivino a inquinare come noi devono frenare l’economia. Si dice che tutti gli stati devono contribuire alla lotta per ridurre l’inquinamento, ma ridurre le emissioni con proporzioni simili permette agli stati avanzati di aggiudicarsi la fetta più grande di inquinamento, significa rivendicare il diritto ad inquinare più degli altri. E’ questa una forma di eguaglianza o di uguale accesso allo sviluppo per tutti?

Ho l’impressione che molte altre persone siano insoddisfatte. Il problema è che abbiamo una forte dipendenza da percorso. Siamo seduti nelle nostre macchine immesse in una colonna che procede sempre più lentamente. Vale la pena uscire dall’autostrada? Non si può dire. Che garanzie danno gli altri percorsi? Dopotutto l’autostrada ci ha portato fino a qui, ci nutre, ci ha dato i diritti che abbiamo oggi, ci permette di andare dove vogliamo. Non sono cose da poco. Però ci sono dei problemi. Non sono problemi creati da qualche cattivo che governa il mondo per farci essere tristi, perché lui gode nel vederci soffrire. Non è colpa delle multinazionali. Non è colpa di Berlusconi. Non più di quanto non sia colpa nostra. Qualcuno ha detto che esistono tre tipi di violenza. C’è la violenza diretta, quella che vedono tutti. C’è la violenza strutturale, cioè l’insieme di condizioni che portano alla violenza diretta. Poi c’è la violenza culturale che è quella che porta le persone a considerare normale la violenza diretta e a legittimare quella strutturale. Siamo tutti parte di un'unica realtà e dei suoi problemi: noi, Berlusconi e le multinazionali. Si dirà che la differenza è la volontarietà. C’è chi lo fa apposta (Berlusconi e le multinazionali) e chi invece non lo sapeva o è costretto. Fa qualche differenza? L’uomo qualunque (ignaro o costretto) può rivendicare una coscienza più pulita solo perché autorizza qualcuno a fare il lavoro sporco per lui?

La mia proposta non è di intraprendere grandi azioni di rivolta. Io non so nulla di questo mondo. L’unica cosa di cui sono abbastanza certo è che non necessariamente le cose devono andare come vanno. Potrebbero andare meglio. Potrebbero andare peggio. Non ci è dato saperlo. Questo significa che non credo né nell’ottimismo né nel pessimismo che dicono che le cose andranno meglio o peggio. Però ho speranza che l’uomo possa migliorare. Migliorare non implica nulla di assoluto, è un termine relativo. Vuol dire che la ferita che ieri faceva male oggi fa un po’ meno male. Da questo punto di vista tutti hanno un po’ di speranza, voglia di vivere anche domani perché potrebbe essere una giornata migliore. Io conto sulla possibilità dell’uomo di influenzare quel piccolo miglioramento. Come? Qualcuno ha detto si deve essere il cambiamento che si vuole vedere nel mondo. Vuol dire che per cambiare la realtà dobbiamo partire da noi stessi. Vuole anche dire che, in fondo, non esiste differenza tra mezzi e fine. Ogni mezzo è un fine in se stesso. Noi, i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni siamo il mezzo ma siamo anche il fine. Noi possiamo essere il più grande cambiamento per noi stessi. Cambiando noi stessi possiamo cambiare la realtà in cui viviamo per farla diventare un mezzo e un fine. Di per sé non è complicato, è un cambiamento interno che si riflette nella realtà. Noi, oggi, siamo la realtà di cui sentiamo insoddisfazione. Non è l’unica. Non siamo unici. La realtà è quella che vediamo attraverso il filtro dei significati che viviamo. Ne esistono infinite altre che vanno oltre i significati attuali e che si trovano nel mondo nudo in cui nuovi significati sono da costruire. I significati della nostra realtà hanno mostrato la loro limitatezza; noi possiamo creare un nuovo vocabolario, nuove idee, nuove azioni, una nuova realtà. Non è difficile. Possiamo farlo, basta iniziare. Possiamo iniziare da qui.